L’uva che verrà
Una fotografia ad oggi dei vigneti.
Un colpo d’occhio che gratifica il lavoro di preparazione svolto a partire dall’inverno. Per arrivare questo, Rocca delle Macìe investe ogni anno nella Formazione per Potatori Professionisti
La verifica del buon lavoro di preparazione dei vigneti svolto durante l’inverno si fa proprio in questi giorni: il colpo d’occhio del vigneto nel suo complesso ci mostra uno sviluppo omogeneo, le piante stanno crescendo in modo uniforme e in un equilibrio vegeto-produttivo ottimale.
Per arrivare a questi risultati Rocca delle Macìe, molto attenta alla fase della potatura – uno degli interventi più importanti necessari alla gestione annuale dei vigneti- organizza periodicamente degli incontri di Formazione Professionale per la squadra dei suoi potatori.
“L’omogeneità del vigneto ci dice che abbiamo messo le giuste fondamenta per ottenere ottimi risultati qualitativi -dice Alfio Auzzi, agronomo dell’azienda- grazie anche agli interventi di potatori professionali la cui storia, però, nasce da lontano. Negli anni ’60-’80 del secolo scorso avevamo un esubero di manodopera: erano i contadini che si tramandavano l’esperienza da generazioni. Ma dagli anni ’80 le nuove generazioni hanno abbandonando le campagne e le aziende vitivinicole hanno perso le maestranze. Da qui l’esigenza di “importare” personale nuovo e disponibile, per cui si trattava spesso stranieri che venivano da altri mestieri che andavano a formare squadre di “tagliatori” inconsapevoli dei grossi danni che, per mancanza di esperienza, potevano fare ai vigneti. Purtroppo il danno di una potatura male eseguita -conclude Alfio Auzzi- si manifesta dopo 4-5 anni, solo allora si evidenziano i problemi nella produzione e i primi segnali di malattie del legno”.
Durante questi anni travagliati, i produttori attenti hanno iniziato a studiare, a cercare la causa di produzioni che sebbene avessero tutte le caratteristiche per dare buoni vini, non riuscivano poi a dare il meglio di sé. Anni di esperienza e di studio silenziosi, che proseguono tutt’oggi.
“La figura del nuovo potatore–aggiunge Sergio Zingarelli, patron di Rocca delle Macìe– ha riqualificato un mestiere che all’inizio degli anni duemila era male valutato. Ma la contraddizione era nei termini, perché veniva definito “potatore” un operaio che “tagliava” senza consapevolezza dei suoi gesti. La mia azienda ha capito per tempo questa contraddizione e ci siamo impegnati, con grandi investimenti di tempo e denaro, per formare personale qualificato. Abbiamo creato al nostro interno un gruppo di potatori che consideriamo alla stregua di veri e propri chirurghi, perché è a loro che affidiamo la vita dei nostri vigneti. A Rocca delle Macìe facciamo formazione a squadre di persone possibilmente del posto- per sviluppare le maestranze sul territorio- supportati dall’esperienza di Valerio Barbieri, l’agronomo chiantigiano di decennale esperienza viticola che collabora con noi dal 2000. Alcune di queste tecniche sono oggi completamente diverse da quelle utilizzate dai vecchi contadini, anche se quelle conoscenze rimangono i pilastri della nostra cultura. Ma con la ricerca siamo andati i molto più avanti rispetto al passato”.
Con lo studio e la ricerca, con gli investimenti e con l’attenzione continua si cresce, mentre è con la memoria che si mantengono vivi i valori della tradizione: entrambe i fattori sono fondamentali per mantenersi radicati a un territorio al quale diamo la possibilità di esprimere tutte le sue potenzialità. Questi sono alcuni dei valori sui quali si fonda l’impegno costante di Rocca delle Macìe per consolidare l’elevata qualità del vino prodotto nelle sue Tenute in Chianti Classico e in Maremma.